In gara contro il Fisco a occhi chiusi. Mentre il contribuente avrà a disposizione soltanto una parte delle informazioni in gioco, l’Amministrazione Finanziaria potrà invece disporre della totale e completa conoscenza delle carte in tavola. È l’effetto delle nuove disposizioni in materia di selezione e analisi del rischio, introdotte dalla manovra 2020, che da una parte limitano la possibilità per il contribuente di accedere alle proprie informazioni, dall’altra ampliano i poteri di indagine e di selezione dei dati dell’anagrafe tributaria sia per l’Agenzia delle Entrate che per la Guardia di Finanza. In questa situazione non solo si accentuerà la disparità di trattamento tra le parti in causa, già ampliamente sbilanciata a favore del Fisco, ma sarà sempre più arduo prestare assistenza e consulenza ai contribuenti.
Infatti, nei panni del consulente, non esiste mezzo per conoscere tutti gli elementi sui quali il Fisco potrà decidere ed avviare un’azione amministrativa, si tratti di verifica vera e propria o di compliance dichiarativa. Una consulenza, per essere definita tale, deve basarsi sopra una conoscenza completa degli elementi in gioco. In assenza di questo fondamentale requisito, si esce dall’ambito professionale e ci si avvia verso altre tipologie di attività più simili al gioco d’azzardo o al pronostico vero e proprio. Sarà dunque questo l’effetto diretto dell’entrata in vigore delle disposizioni contenute nell’at. 1, cc. 681-686 L. 160/2019. Una volta che tali previsioni saranno pienamente operative, solo una delle parti in gioco – l’Amministrazione Finanziaria – conoscerà tutte le carte sul tavolo, mentre l’altra, il contribuente, avrà solo una visione parziale e ristretta del tappeto verde.
Per comprendere la situazione, si pensi, tanto per fare un esempio concreto, all’insieme di dati e informazioni che ogni anno affluiscono all’anagrafe tributaria in relazione a ciascun contribuente. La quasi totalità di queste informazioni, pur appartenendo a un determinato contribuente, di fatto gli sono sconosciute. Sono state infatti inviate all’anagrafe tributaria da soggetti diversi dal loro proprietario, per esempio da banche, assicurazioni, medici, farmacie, ecc. Il contribuente, legittimo proprietario delle informazioni, non sa che cosa tali soggetti abbiano realmente trasmesso al Fisco. Può solo supporre che siano stati inviati i dati e le informazioni riferibili ai rapporti intrattenuti con tali controparti, sperando che nella fase di trasmissione non siano stati commessi errori nè omissioni.
Il contribuente ha certezza solo di una minima parte delle informazioni presenti in anagrafe tributaria che lo riguardano, ossia di quelle che lui stesso ha inviato direttamente: dichiarazione dei redditi, dichiarazione Iva, dichiarazioni periodiche, ecc.; e nella stessa situazione si trova anche il professionista che lo assiste. Fino a ieri questo gap informativo poteva essere superato attraverso il diritto di accesso agli atti ex art. 15 del GDPR (regolamento UE 2016/679). Oggi, sulla base delle norme della manovra 2020 sopra richiamate, tale possibilità sembra destinata irrimediabilmente a scomparire. Se non ci saranno ripensamenti o interpretazioni più favorevoli ai contribuenti nei decreti attuativi espressamente previsti dal comma 683 sopra citato, il rischio di giocare le prossime partite con il Fisco a carte coperte è tutt’altro che remoto.